Cinquant’anni dal primo volo del Concorde e del Jumbo

Il 2019 porta con sé una ricorrenza speciale: il cinquantenario della missione Apollo 11. Il 21 luglio 1969, Neil Armstrong e Edwin Aldrin furono i primi due esseri umani a posare i piedi sulla superficie di un altro corpo celeste.

Tuttavia, di quel 1969 ci sono altre date “aviatorie” da ricordare. Il 9 febbraio e il 2 di Marzo.

In Febbraio, staccò le ruote da terra un aereo rivoluzionario: il Boeing 747. Poche settimane dopo, domenica 2 di marzo, fece lo stesso un aereo altrettanto rivoluzionario: il Concorde. Queste due meraviglie della tecnologia hanno una storia parallela, e, come spesso accade, conflittuale.

Quando nel 1962 Harold McMillan e Charles De Gaulle firmarono il trattato per il finanziamento e lo sviluppo del primo aereo commerciale supersonico, dopo anni di polemiche spesso roventi (per i costi stratosferici del progetto, per i sospetti di spionaggio industriale, per l’atavica rivalità che divideva la Francia dal Regno Unito), sapevano di star compiendo un atto di lungimiranza politica senza precedenti: ponevano fine a secoli di conflitti armati.

Non fu facile neanche dopo la firma: si litigò perfino su una vocale, la “e”. I francesi premevano per denominare l’aereo, battezzato Concordia, alla francese: Concorde. Dall’altra parte della Manica, o meglio, dell’English Channel, i sudditi di sua Maestà pretendevano la dizione inglese: Concord. La diatriba ebbe termine nel 1967. Un saggio Ministro inglese, Anthony Benn, disse: “D’accordo. Sarà Concorde. Ma la e finale significa: Excellence, England, Europe and Entente Cordial”. Non c’ero, ma avrei applaudito per diciotto minuti.

Domenica 2 Marzo 1969, sulla pista di Tolosa, ai comandi del Prototipo 001 c’era il Comandante pilota collaudatore della Sud Aviation (oggi Aribus Industries) André Turcat. A bordo con lui Jacques Guignard, suo secondo, il “flight engineer” Michel Rétif e l’Ingegnere Henri Perrier. Il primo volo durò 27 minuti. Turcat  dichiarò: “E’ una macchina straordinaria. Ma questo primo volo non è un obiettivo raggiunto, è solo l’inizio del nostro lavoro”. Fu profetico. Ci vollero 7 anni, e oltre 5500 di ore di prove in volo, per certificare il nuovo aeroplano. Il 21 gennaio del 1976 British Airways inaugurava il volo supersonico fra Londra – Bahrein. Air France faceva altrettanto, lo stesso giorno, sulla rotta Parigi – Rio de Janeiro.

Dall’altra parte dell’Atlantico non se ne stavano a braccia incrociate.

Un passo avanti determinante fu, nel 1968, la realizzazione di un nuovo turbo-fan Pratt & Whitney, un autentico, doppio miracolo di ingegneria, per i tempi: 193.000 N di spinta (circa 20.000 kg) con un peso di appena 3.905 kg. Doppio miracolo perché, per la prima volta, si introducevano nella progettazione dei turbo-fan le leghe di titanio e di nichel ed un rapporto di diluizione di 5 a 1, il più alto mai tentato.

Questo motore permise a Jack Waddell, capo collaudatore della Boeing, di pronunciare quattro parole rimaste famose nella storia dell’aviazione civile: “Ridicolmente semplice da pilotare”. Parole dette il 9 febbraio 1969, dopo il primo volo dell’aeroplano che ha rivoluzionato il trasporto aereo civile: il modello 747 della Boeing, soprannominato affettuosamente da tutti “Jumbo Jet”.

Era una giornata fredda, il cielo di Everett, nello stato di Washington, era plumbeo e soffiava un vento piuttosto fastidioso. Quando il 747 staccò le ruote e prese a salire, ci fu un lungo applauso. Si alzava in volo un aereo straordinario in tutto.

In origine concepito quale cargo militare, il progetto fu modificato nel 1966, per il volere di Juan Trippe, capo e proprietario della Pan American Airlines.

Trippe era convinto, e non sbagliava, che il futuro dell’aviazione civile fosse nei velivoli più grandi, con maggiore capacità di carico, che volassero più lontano e consumassero di meno. E non, come la maggioranza degli esperti all’epoca sosteneva, nel trasporto aereo supersonico. Mentre francesi e inglesi progettavano il Concorde, Trippe brigava per progettare un jet gigante.

Per convincere la Boeing, Trippe fece un’offerta che non si poteva rifiutare: firmò un contratto per 25 aeroplani, mettendo sul tavolo una cifra enorme, oltre 525 milioni di $ dell’epoca. Chiese, ed ottenne, di aver voce in capitolo allorché si definirono le caratteristiche della nuova macchina.

Nessuna società prima della Pan Am aveva mai influito così tanto nella progettazione di quel che si sarebbe rivelato un aereo superbo. E nessuna vi riuscì dopo.

Ne venne fuori un aereo con una capacità di carico superiore del 250% a quella massima dell’epoca (Boeing 707), capace di imbarcare fino a 500 passeggeri (contro i 170 del 707) e di trasportare anche 25 tonnellate di merci a novemila chilometri di distanza. Realizzando un risparmio del 35% nei costi operativi rispetto al fratello minore.

Progettazione e realizzazione del primo prototipo del Jumbo furono qualcosa di assolutamente irripetibile: in tutto, 28 mesi appena.

Uno sforzo tecnologico ed industriale spettacoloso: solo per costruire l’edificio di assemblaggio fu necessario muovere 3 milioni di mc di terra. Venne costruito, in parallelo, il più grande stabilimento aeronautico del mondo.

Firmando il contratto, Trippe definì il 747 “a great weapon for peace, competing with intercontinental missile for mankind’s destiny”. Infatti, il 747 è stato il più grande aereo commerciale per quasi quarant’anni, fino all’entrata in servizio del primo Airbus A 380, nel 2007.

Ne sono stati costruiti oltre 1500. Il Jumbo assicura, ancora oggi, non solo il trasporto di centinaia di milioni di passeggeri, ma anche più della metà della capacità di carico merci dell’aviazione civile mondiale. Trasporta, ogni anno, beni di ogni genere, per un valore complessivo prossimo ai 3.000 Miliardi di dollari: una volta e mezza il PIL italiano.

Il modello più recente è la serie 747-8, una macchina con un peso massimo al decollo pari a 448 tonnellate, che imbarca fino a 242.000 litri di Jet A1, trasporta 467 passeggeri a 14.815 km di distanza (per dire, Roma Buenos Aires o Londra – Singapore senza scalo), e monta motori da circa 30.000 Kg di spinta (296.000 N).

Il prezzo del primo esemplare, 1970, era di 24 milioni di USD.

Adesso, e lo scrivo per chi volesse farci un pensierino, il listino è salito un pochino: la serie 8 parte da 367,8 Mil USD.

Nato troppo presto e troppo tardi. Questo si può dire del Concorde. Contradditorio, certo, ma vero. Troppo presto perché i consumi unitari dei motori erano tali che il range operativo era di poco più di seimila chilometri. Il carico pagante non superò mai il centinaio di passeggeri. Il che voleva dire che il Londra Nuova York senza scalo era possibile. Ma non il Parigi Mexico City.

Troppo tardi, perché entrò in servizio quando ormai la filosofia introdotta dal 747, e cioè una più lunga autonomia e oltre quattro volte il numero dei sedili a disposizione, si era consolidata sul mercato.

Vero: ci fu il divieto di sorvolo del territorio USA a velocità supersonica a contribuire al fallimento commerciale dell’aereo. Ma furono i limiti strutturali del progetto a decretare il destino definitivo.

Tutti gli appassionati di aviazione hanno negli occhi questa immagine, l’incidente di Parigi del 2003. Due anni dopo, il Concorde cessò di volare.

Di Concorde ne furono costruiti appena 14, contro il centinaio e passa previsti, che costituivano il break even in termini economici del progetto.

Il Jumbo, come tutti sappiamo, è più vivo che mai: l’Airbus ha deciso un paio di settimane fa di fermare la produzione dell’A 380. Il che vuol dire che nella sua classe il Jumbo non ha più concorrenti.

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